Terapia a distanza: storia di una “remota” rivelazione

Una vita sempre in viaggio, la valigia sempre pronta, tutto così veloce e fugace. I miei giorni scorrevano via senza sosta. La mia esistenza sembrava assottigliarsi giorno dopo giorno.

Solo una cosa diventava sempre più forte, gonfia, maligna, cinica, crudele: l’Ansia.

Mi resi conto di non riuscire più ad intercettare un pensiero felice, di non riuscire più a respirare profondamente, di avere un laccio al collo sempre più stretto e, cosa ancora peggiore, mi resi conto che gli estremi di quel laccio assassino erano governati dalle mie stesse mani. 

Quindi mi decisi a chiedere aiuto! 

Cercai, scrissi, telefonai e finalmente trovai una persona disposta ad aiutarmi. Inaspettatamente, contro ogni mia previsione, rigorosamente pessimista! che la mia mente in quel periodo era in grado di elaborare, mi venne offerta una nuova versione di supporto terapeutico, una “smart therapy”, cioè la psicoterapia a distanza.

Si trattava di un incontro terapeutico flessibile nei tempi e negli spazi e per questo incastrabile in modo straordinario nei disordinati tasselli della mia vita lavorativa. In quel periodo, così rassegnatamente frenetico e instabile, grazie alla terapia a distanza riuscii a trovare lo spazio per me, il tempo per me: la mia “rivelazione” in qualsiasi luogo io mi trovassi. In quei mesi, guidata dalla mano sicura della mia psicoterapeuta, attraversai a grandi falcate tutto il romanzo intimo della mia infanzia; portai con me un barattolo di pittura bianca per ridare splendore al mio tempo e coprire tutti i graffi neri di quegli anni; insieme facemmo da testimone ad una bambina spaventata che ci aveva aspettato tanto e ci accoglieva un po’ impaurita ma felice, sperando di essere finalmente liberata.

Una fredda stanza di hotel dopo una giornata di lavoro o la mia casa silenziosa del sabato mattina acquisirono dei connotati di unicità: non importava cosa ci fosse intorno, il mio “centro” era il viso e le parole della mia terapeuta dall’altro lato dello schermo, tutto il resto era tagliato fuori. Nonostante lo schermo che ci separava, ogni forma parlando prendeva colore, l’esperienza condivisa diventava reale, il mio viaggio acquistava una natura più che umana e la distanza si riempì, costruendo un ponte tra me e l’altro, tra me e me. 

La smart therapy ha reso concreta un’esperienza che, altrimenti, sarebbe stata per me assolutamente impossibile. Sarei arrivata anche a fissare il primo appuntamento, ma poi avrei detto alla me bambina, ancora una volta: “Ora non è il tuo momento. Arriveranno tempi migliori, devi resistere!”.

I tempi migliori sono arrivati e li ha portati a me la terapia a distanza.

La ragazza con la valigia

Terapia a distanza: storia di una “remota” rivelazione

Paolo ha 44 anni e lavora in un’azienda di prodotti informatici. Si rivolge a noi lamentando difficoltà di memoria

“In quest’ultimo periodo mi capita spesso di dimenticare le cose, soprattutto a lavoro. Sono sempre stato molto lucido e capace, ma adesso non lo sono più e temo che anche gli altri se ne possano accorgere (…). Ho da poco ricevuto la nomina di amministratore delegato dell’azienda in cui lavoro da 11 anni. Spesso, durante le riunioni, quando devo esporre le mie proposte ai colleghi, faccio fatica a ricordare il discorso che avevo preparato, è come se mi si offuscasse la mente, per non parlare della sudorazione eccessiva e del cuore accelerato … Sarà anche che da quando ho ricevuto la nomina, non dormo più come prima …”.

INTERVENTO

Colloqui iniziali: si approfondiscono le difficoltà di Paolo sul piano cognitivo (“Dimentico ciò che volevo dire e vado in confusione”), rispetto al suo vissuto emotivo (“Temo brutte figure in pubblico, di non essere l’amministratore delegato che tutti si aspettano”) e ai segnali del corpo (“…non dormo più come prima. … ho la tachicardia ed una sudorazione eccessiva”).
Questionari: permettono di avere una vera e propria misura della capacità di memoria di Paolo, della sua ansia e di quanto sia capace di gestirla.

Valutazione: la nomina ad amministratore delegato è l’evento stressante. L’ansia e il timore di non far bene sottraggono a Paolo risorse mentali, incidendo in special modo sulla memoria e la disponibilità immediata delle informazioni da recuperare.

Training: il lavoro è finalizzato a liberare dall’ansia le risorse di Paolo. L’obiettivo è ristabilire l’equilibrio tra piano cognitivo, fisico ed emotivo, e si può intervenire su più fronti:
1) potenziare la memoria di Paolo e accrescere la sua fiducia nelle proprie capacità mnesiche, mediante esercizi di consapevolezza cognitiva;
2) migliorare la gestione di situazioni stressanti (es.: riunione) e allentare la tensione generale per favorire la risoluzione di problemi legati al sonno e ad altri sintomi d’ansia mediante tecniche di rilassamento;
3) conoscere ed elaborare le emozioni mediante un percorso di consapevolezza emotiva, al fine di imparare a usare le emozioni come alleati e non come ostacoli nel lavoro o nella vita.

 

La storia di Paolo

 

Francesca ha 20 anni, è iscritta al secondo anno della Facoltà di Economia ed è ferma al terzo esame

Riferisce di avere difficoltà a concentrarsi, soprattutto nella prima metà della giornata, e di dimenticare quello che ha studiato anche a distanza di poche ore. “La mattina faccio molta fatica a stare sui libri, mi distraggo facilmente, devo rileggere almeno 3-4 volte prima di capire. Dopo pranzo mi viene sonno. Riesco finalmente a concentrarmi solo nel tardo pomeriggio e solo per un paio d’ore”, racconta durante il primo colloquio. “Non ho mai avuto problemi, quando andavo a scuola; certo, non sono mai stata la più brava della classe, ma ho sempre portato buoni voti a casa e i miei genitori sono sempre stati fieri di me. Ora, però, qualcosa è cambiato. Vorrei laurearmi, ma temo di non riuscirci, di non esserne all’altezza”.

INTERVENTO

Colloquio iniziale: si esplora il problema e si raccolgono tutte le informazioni necessarie per individuare l’intervento più adatto a Francesca. In particolare, l’obiettivo è mettere in luce la sua esperienza del passaggio dalle Scuole Superiori all’Università, e il cambio di abitudini concrete – di studio e di vita- e del vissuto emotivo.

Questionari: danno una misura concreta del problema e orientano l’intervento.

Valutazione: il problema di Francesca è dovuto 1) ad abitudini di studio e di vita inadeguate e 2) a una componente emotiva di scarsa autostima, con un marcato divario tra il sé ideale (“studentessa da 30 e lode”) e il sé percepito (“persona incapace”). Tali aspetti s’influenzano reciprocamente in un circolo vizioso che causa il blocco.

Training: l’intervento per sbloccare le difficoltà di Francesca lavora su più livelli:
1) migliorare il metodo di studio attraverso esercizi specifici per individuare strategie funzionali e migliorare la concentrazione;
2) riequilibrare orari e stile di vita;
3) accrescere l’autostima, attraverso un lavoro di riconoscimento e riappropriazione delle risorse e di ridimensionamento delle aspettative.

La storia di Francesca

Giovanni, 67 anni, ex bancario, in pensione da un anno

“Non vedevo l’ora! Mi sento ancora giovane e vitale, e per fortuna ho una buona salute. C’erano mille cose che avrei voluto fare, una volta in pensione”. Purtroppo, però, da quando non lavora, la routine quotidiana di Giovanni si è ridotta al minimo: accompagnare la moglie al supermercato, andare a prendere le nipotine a scuola e portarle a nuoto. Non andando più a lavoro, ha perso anche la consuetudine di leggere il giornale e di chiacchierare con i colleghi al bar. “Sono soddisfatto della mia attuale vita: sto in famiglia, passeggio con mia moglie e le sue amiche, qualche volta vado a pesca: non posso lamentarmi” – dice – “ma quello che mi preoccupa è il cervello: non funziona più come una volta, prima ero più pronto; adesso, a volte, dimentico dove ho messo le chiavi di casa o dove ho lasciato l’auto, mi succede di perdere il filo del discorso, anche di un film.

INTERVENTO

Colloquio iniziale: si raccolgono tutte le notizie su Giovanni per capire quanto la pensione abbia inciso sulle sue “abitudini cognitive”.

Questionari: indicano il livello intellettivo attuale e permettono di identificare le funzioni cognitive da rafforzare.

Valutazione: Giovanni ha bene elaborato il cambiamento di vita dovuto alla pensione, però, con il nuovo stile di vita è come se il suo cervello fosse diventato pigro, e ha bisogno di essere “ri-allenato”, specialmente per quel che riguarda l’attenzione.

Allenamento mentale: il piano di lavoro pensato per Giovanni prevede esercizi settimanali per migliorare la focalizzazione dell’attenzione e aumentare, a cascata, la velocità di elaborazione delle informazioni.

 

La storia di Giovanni